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martedì 31 marzo 2020

STEP #05 La Morte come strumento pubblicitario

“Sulla buona strada” è una campagna di sensibilizzazione sulla sicurezza stradale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. L'obiettivo è la riduzione dei morti per incidenti stradali.



La Morte è in questo caso protagonista della pubblicità della nota birra "IPA"

Nello spot della Mercedes Benz la figura della Morte viene utilizzata per pubblicizzare i sistemi di sicurezza dell'auto.



La Morte nella Cultura Pop

La Morte è raffigurata molte volte anche in fumetti, libri e cartoni animati!

Nel cartone animato “Le tenebrose avventure di Billy e Mandy” la figura della Morte è uno dei personaggi principali. Essa appare col nome Tenebra e assume un atteggiamento socievole, buono e cordiale, malgrado il suo spaventoso aspetto che tende spesso ad aiutare il prossimo, anziché spaventarlo come dovrebbe essere per sua consuetudine.



Morte (in originale “Death”) è anche il personaggio creato da Neil Gaiman per la serie della D.C. Comics “The Sandman”. Morte è sia la fine della vita che uno psicopompo. Come molte delle impersonificazioni della morte, Death incontra i morti e li guida nella loro nuova esistenza. 
Morte è presente anche nei fumetti nella Marvel Comics, delle volte nominata anche Lady Morte (Mistress Death).

Anche nella celebre saga di Harry Potter è presente la Morte come personaggio. 
Di seguito è riportato una parte del film “Harry Potter e I Doni della Morte” di cui essa è protagonista.



giovedì 26 marzo 2020

STEP #04 La Morte nella Mitologia


MITOLOGIA GRECA
Thanatos. Scultura sul timpano di
una colonna del Tempio di
Artemide
Tanato (o Thanatos) è nella mitologia greca la personificazione della morte. Esiodo nella “Teogonia” fa nascere Thanatos da Nyx (Notte) assieme al fratello Hypnos (Sonno). Tanato è un dio violento ,arrogante e impulsivo. Egli veniva considerato nemico del genere umano in quanto forza ineludibile e dimorava nel Tartaro o dinanzi alla porta dell’ “Elisio” e degli “Inferi”. Occasionalmente è visto come la Morte in pace, in contrapposizione a sua sorella Ker, la Morte violenta.


Ker o Chere era, nella mitologia greca, definita anche come destino dei guerrireri. Nella “Teogonia” di Esiodo viene menzionata anche al plurale con il nome di Keres. Esse sono a loro volta identificate con le Moire. Tra le Moire effettivamente ritroviamo Atropo, la più anziana delle tre sorelle, colei che non si può evitare, l’inflessibile.

MITOLOGIA INDUISTA e BUDDHISTA

Yama
Yama è il dio induista della morte, figlio del dio sole. 
Yama fu il primo essere umano a morire.
Inizialmente egli era dipinto come una figura rassicurante, ma, in seguito alle invasioni e carestie che colpirono duramente la popolazione indiana, il dio assunse un aspetto terribile. Nell’iconografia induista Yama è raffigurato a cavallo di un bufalo e mentre maneggia una mazza e una corda, utilizzati per uccidere e legare gli uomini.
Yama è il dio che presiede gli inferi nella mitologia buddhista e invia agli uomini le malattie e la vecchiaia. Per questo egli è rappresentato come un essere irato, dalla pelle di colore nero-blu, vestito di pelli animali e adorno di teschi e ossa. 
Nella rappresentazione iconografica del Saṃsāra Yama stringe a sé la ruota dell'esistenza.

MITOLOGIA NORRENA
Nella mitologia norrena la dea dei morti è Hel (o Hella), figlia di Loki, dio dell’inganno. Odino le affidò un regno nel quale venivano accolti le anime dei morti senza onore, per malattia, incidente o vecchiaia, dei traditori e dei criminali. Hel portava sventura e malattie sulla Terra. Infatti, quando camminava per i villaggi causava morte: se spazzava la strada con un rastrello, ci sarebbero stati sopravvissuti; se aveva una scopa sarebbero morti tutti. 
Rappresentazione di Hel.
Hel viene descritta come una donna dall'aspetto duplice: con metà viso nero o cadaverico e l'altra metà normale. Nei tempi più antichi Hel fu la grande madre dea terra, che si prendeva cura degli affamati dandogli riparo e cibo, ma successivamente divenne molto simile ad un Plutone romano femminile e il suo regno divenne paragonabile all'Ade greco.

MITOLOGIA CINESE
Yanluowang (閻羅王T, Yánluó WángP, Yen-lo-wangW, letteralmente "il re Yanluo") è un dio cinese d'origine buddista, guardiano e giudice dell'inferno. Il popolo cinese ha ben presente l'immagine di questa divinità grazie all'iconografia e ai racconti tramandati di padre in figlio. Yanluowang non possiede nessun tempio a lui dedicato, come avviene per tutte le divinità che hanno aspetto demoniaco. Gli Inferi che Yanluowang governa sono chiamati Fengdu (酆都) come il monto sotto il quale sono situati. Il monte è chiamato anche Mingsham (冥山), "il monte degli Inferi". Gli Inferi hanno quindi una collocazione ben precisa che è al  nordest della contea di Fengdu, (酆都縣), nel Sichuan. Il re degli Inferi dirige una piccola squadra di dèmoni teriomorfi, incaricati di catturare le anime e di tormentare i dannati.


MITOLOGIA EGIZIA

Anubi nella mitologia egizia era il dio dei morti e come colui che presiedeva l'imbalsamazione dei morti. Nell’iconografia è rappresentato in forma di uomo con testa di sciacallo o in forma di sciacallo seduto (animale presente all’interno del geroglifico col quale A. veniva indicato). Alla Figura di Anubi è affiancata quella di Osiride. Egli è una divinità egizia appartenente alla religione dell'antico Egitto, membro dell'Enneade. Osiride fu re dell'Egitto e veniva considerato signore degli Inferi. Si narra che Osiride fu assassinato dal fratello Seth, che ridusse il corpo del re in piccoli pezzi, per poi disperderne i resti. La consorte di Osiride, Iside, tuttavia, riuscì a trovare i frammenti del corpo e a ridargli la vita. Visse negli Inferi come signore dei morti. Nel Duat, l'oltretomba, Osiride pesava nella "Sala delle due Verità", o "delle due Maat", i cuori dei morti su un piatto della bilancia, mentre sull'altro vi era una piuma. Le anime che possedevano un cuore che pesava di più a causa dei peccati, venivano date in pasto ad Ammit, le altre venivano mandate da Aaru. Questa cerimonia era detta psicostasia. 
Anubi e Osiride durante la psicostasia.

( Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Tanato, https://it.wikipedia.org/wiki/Morte_personificata, http://ilcrepuscolo.altervista.org/php5/index.php?title=Yama, https://it.wikipedia.org/wiki/Hel_(divinit%C3%A0), https://it.wikipedia.org/wiki/Yanluowanghttp://www.treccani.it/enciclopedia/anubi/https://it.wikipedia.org/wiki/Osiride)

mercoledì 25 marzo 2020

STEP #03


La seguente è la mia personale interpretazione della Morte ispirata alla "Pietà" di Michelangelo.
La Morte non è rappresentata come una crudele entità, bensì come un'amorevole figura che accoglie il defunto. Per questo motivo la posizione da lei occupata è quella della Madonna nella scultura originale.
 Il filo rosso presente nel disegno riprende il mito greco delle Moire, tessitrici del filo del Fato reciso al momento della morte di ogni uomo.


Carboncino e china su carta.

La democratica Morte nella tradizione napoletana: " 'A Livella" di Totò

Napoli ha avuto sempre un rapporto particolare con la Morte. Nella città esiste il particolare culto delle "capuzzelle", dovuto alla devozione del popolo partenopeo verso le "anime pezzentelle" , ovvero anime dannate e dimenticate. Esse rappresentano miseria e speranza. Le "capuzzelle" non sono altro che teschi di defunti conservati in particolare nel Cimitero delle Fontanelle, in cui i napoletani sussurrano le proprie preghiere a queste povere anime bloccate in Purgatorio.
Proprio in questo contesto si inserisce la celeberrima poesia "'A Livella" di Totò. La vicenda decantata da Totò è ambientata proprio nel Cimitero delle Fontanelle, in cui egli dice di assistere alla discussione tra due anime: il povero Gennaro, netturbino e il marchese ‘nobilissimo'. La morale del testo poetico è che la Morte si presenta come una livella e come tale annulla le differenze sociali esistite in vita. Mentre in vita si professano lavori diversi e si occupano posizioni ineguali, davanti alla Morte siamo tutti uguali, non esistono distinzioni di nessun genere tanto meno di razza o di classe sociale.
Di seguito è riportato il video in cui Totò recita la poesia. 



(Il testo è, invece, riportato qui https://libreriamo.it/libri/a-livella-poesia-piu-amata-toto/.)


1)Il termine "capuzzelle" deriva dal latino "căput,capitis" sostantivo neutro della III declinazione che significa "testa".
2) Il termine "pezzente" deriva dal Latino volgare "petientem", p. pres. di "petire", variante di "petĕre" e significa "chiedere".
3)La livella è uno strumento utilizzato nell'edilizia per verificare che i piani siano orizzontali.



(Fonti :https://napoli.fanpage.it/2-novembre-il-giorno-dei-morti-e-della-livella-di-toto/https://www.fanpage.it/cultura/le-capuzzelle-e-il-culto-delle-anime-pezzentelle-lantico-legame-di-napoli-con-la-morte/https://www.dizionario-latino.com/dizionario-latino-italiano.php?lemma=CAPUT100http://www.treccani.it/vocabolario/pezzente/)

domenica 22 marzo 2020

STEP #02 Mara

In origine, i primi gruppi organizzati di uomini hanno iniziato a figurare la morte come spiegazione alla presenza nei loro sogni di defunti e spesso veniva visto come un evento traumatico dell’intero gruppo, come hanno sostenuto molti antropologi. Quindi, la morte è ritenuta un fenomeno estraneo all'originaria natura dell'uomo e sono numerosissimi i miti che spiegano in qual modo essa abbia interrotto e mutato una condizione primordiale di pienezza vitale. Principalmente questo mutamento dipende dal peccato o dalla violazione di un tabù posto all'origine, mentre più raramente in alcuni miti si introduce la morte nel mondo indipendentemente dalla volontà, o dalla responsabilità, degli uomini. Come riportato nel post dedicato all'etimologia del termine, la parola “morte” deriva la propria radice dalla parola “mara” dallo zendo, che fa riferimento in particolar modo alla consunzione.
Nell’ottica dell’antica concezione della morte e dell’etimologia della parola stessa, ho immaginato una storia in cui si racconta la nascita del termine “morte”.
Amaranto


“In un tempo antico, una comunità di uomini viveva in perfetta armonia con la natura. Questa situazione di beatitudine fu concessa dalla Dea Madre alla tribù, purchè gli uomini si occupassero di alcuni fiori sacri. Per la buona condotta dell’umanità, la Dea garantiva ai componenti di questa piccola società la vita eterna da così tanto tempo che ormai la morte era considerata una leggenda. Mara era una giovane fanciulla della tribù che si occupava della cura delle coltivazioni e, in particolare, dei fiori. Spesso si chiedeva cosa fosse il “fine vita”, quella fase del ciclo vitale dei suoi antenati e che lei non avrebbe mai conosciuto se non fosse stato per uno sciagurato evento. Phos, avverso al culto della Dea e credente di una vita migliore dell’uomo senza di essa, decise di distruggere l’intera piantagione traendo in inganno Mara. Phos convinse Mara a posizionare degli specchi vicino ai fiori per farli crescere meglio. Essi, invece, presero fuoco a causa dei raggi solari. Da quel momento la Dea Madre punì la comunità con una grave carestia e Phos fu condannato per questo ad una vita in solitudine. Durante la grave crisi, Mara, buona d’animo e presa dai sensi di colpa per le proprie azioni, donava le sue razioni di cibo ai suoi simili. Un giorno, l’emaciata e stanca Mara esalò l’ultimo respiro. Questo traumatico evento sconvolse l’intera tribù, finchè una sera Mara comparve in sogno a tutti gli uomini, donne e bambini annunciando che la carestia era ormai terminata. Mara disse che la Dea Madre, non solo aveva concesso agli uomini una vita lunga, seppur limitata, ma aveva anche permesso a Mara di curare essi alla fine della vita. Da quel momento sia i fiori un tempo dedicati alla Dea sia il “fine vita” vennero intitolati a Mara. In particolare i fiori presero il nome di Amaranto.
Nel corso della storia il nome “Mara” ha subito varie mutazioni fino a giungere all’odierno termine di “Morte”. "




STEP #01 BIS Ricerca Storico-Etimologica sulla Morte




Il termine italiano “morte” è affiancato da tanti altri simboli e parole provenienti da lingue differenti appartenenti ad altre popolazioni. È interessante scoprire il significato attribuito alla Morte in culture lontane tra loro nello spazio e nel tempo, l’origine del temine e il suo antico utilizzo.

  • In giapponese l’ideogramma “死” indica il termine morte. Esso è comparso in letteratura in riferimento agli shinigami (死神 ) , letteralmente “divinità della morte”, che sono delle personificazioni della morte nella mitologia giapponese.
  • “Θάνατος” (Thánatos) è il termine utilizzato in greco antico per la divinità della morte. Fu utilizzato da Esiodo nella sua “Teogonia” e da Omero nell’ “Iliade”, in cui questa personificazione viene indicata come figlio della Notte (o di Astrea) e fratello gemello di Ipno, il dio del sonno (Ὕπνος, il Sonno). Oggigiorno, la morte viene ancora indicata in greco moderno con questa parola.
  • In inglese il termine “morte” viene tradotto con la parola “death”.  Essa deriva dall’inglese antico “deað” ed è ricollegabile al termine “doth” in lingua sassone e “dath” utilizzato nei territori tedeschi della Frisia.                                                                                                                     
  • (pronunciato probabilmente “mout" oppure "moot”) è il geroglifico utilizzato nell’Antico Egitto per far riferimento alla morte. Noto è il suo utilizzo nel “Libro dei morti”, un antico testo funerario egizio, costituito da una serie di formule magico-religiose che dovevano servire al defunto come protezione e aiuto nel suo viaggio verso il mondo dei morti. Dunque, la morte viene vista come l’inizio di una nuova vita.
  • Il termine spagnolo “muerte”, quello francese “morte” e quello portoghese “morte” derivano tutti dal latino mors, mortis, come la parola italiana. 
         In seguito sono riportate ulteriori traduzioni del termine:
  •      Norvegese: død;
  •  Russo: смерть;
  •  Tedesco: Tod;
  •  Irlandese: bás;
  •  Polacco: śmierć;




venerdì 20 marzo 2020

Viaggio della Morte nella letteratura latina e italiana. Parte 2

Nell’età post-repubblicana, Seneca nella “Consolatio ad Marciam” consola Marcia della morte del figlio parlando di due visioni del “sonno eterno” per lui di eguale importanza: una visione escatologica, ripresa dalla filosofia medioplatonica, secondo la quale dopo la morte si passa a miglior vita; una visione materialistica, ripresa dall’epicureismo e dallo stoicismo, secondo cui dopo la fine della vita non c’è più nulla. Nelle “Epistulae morales ad Lucilium”, avviene una identificazione tra il tempo passato e la morte stessa, che diviene compagna inesorabile dell’uomo.
Nella “Divina Commedia”, Dante tratta di questo tema in luce della religione cristiana e, quindi, non fa solo riferimento alla morte corporale degli uomini, ma si riferisce anche alla ”seconda morte”, quella spirituale, probabilmente facendo riferimento all’”Apocalisse” di San Giovanni. Per Dante la morte è quel mezzo che porterà alla beatitudine eterna di Dio. Con Foscolo ritroviamo nella sua poesia un forte materialismo: l’uomo fa parte del ciclo naturale dove c’è un mutamento continuo delle cose, per cui tutto nasce e fatalmente muore. Foscolo, in particolar modo, descrive la morte come naturale destino dell’uomo. Manzoni ne’ “I promessi Sposi” ha intriso il romanzo con il tema della morte. Essa viene rappresentata dalla peste, considerata “flagello di Dio” e strumento che purifica la Terra dal male e punisce gli uomini per i loro peccati. Per Leopardi la morte è un punto indolore e quieto che segna, se non l'inizio della felicità, almeno la fine del dolore. Nelle “Operette Morali”, in particolare nel “Dialogo di Federico Ruysch e delle sue mummie” , la morte è strettamente legata alla concezione di sonno eterno.
La Morte è quindi un elemento cruciale nella vita dell’uomo, indipendentemente dalla visione filosofica che si ha di essa, e ciò lo si deduce dalle numerose citazioni che essa stessa ha avuto in molte opere della nostra cultura, senza far riferimento a testi stranieri, altrettanto ricchi della presenza di questa parola.

Viaggio della Morte nella letteratura latina e italiana. Parte 1

Nel corso della storia l’uomo è stato sempre affascinato dalla misteriosa Morte e proprio per questo a lei sono dedicate molte riflessioni e opere letterarie.
Nella tradizione latina e italiana si annoverano numerosi intellettuali che hanno trattato la questione della morte. Di seguito è riportato un breve e parziale excursus dell’utilizzo della parola “morte” nella nostra tradizione letteraria.
L’oratore Cicerone fu uno dei primi a parlare nel mondo latino della morte come evento di passaggio ad una esistenza migliore per chi ha compiuto nobili atti in vita. Il “De re publica”, per esempio, si chiude con un dialogo, il “Somnium Scipionis”, nel quale Scipione l’Africano compare in sogno a Scipione l’Emiliano e dopo avergli rivelato la bellezza e l’armonia delle sfere celesti, gli mostra la via Lattea, luogo di beatitudine riservato a coloro che hanno operato per il bene della patria.
In seguito, ritroviamo nel “De rerum Natura” di Lucrezio ritroviamo una visione del tutto razionale . parla della comune paura della morte degli uomini facendo riferimento alla teoria della mortalità dell’“animus”. L’atto della morte viene identificato con il momento nel quale l’uomo perde ogni tipo di capacità percettiva, concetto che Lucrezio apprende dalla filosofia epicurea e che arricchisce attraverso la sua opera. La morte è, quindi, ciò che disgrega il corpo e dopo la quale la materia abbandona definitivamente il suo essere nella vita precedente.
La Morte viene citata spesso anche da Virgilio in varie opere e, seppure ispirandosi a Lucrezio, egli vive questo tema con forte coinvolgimento emotivo. Nelle “Bucoliche”, più precisamente nella X ecloga si narra della poesia come antidoto della morte; nelle “Georgiche” Virgilio parla della moria degli animali durante la peste di Norico e dell’infelice storia di Orfeo ed Euridice, in cui “eros” e morte sono strettamente connessi. Nell’ “Eneide” la morte è motivo di commozione in particolare in due differenti episodi: la morte di Anchise e il suicidio di Didone. Per Virgilio la morte è un ineluttabile evento deciso dal Fato che provoca inevitabilmente dolore. Ovidio nelle “Metamorfosi” tratta del tema del mutamento che molto spesso avviene proprio a causa della morte. Essa, dunque, non è motivo di sofferenza, ma opportunità di cambiamento. Nel libro III la bella Eco è punita da Giunone con la perdita della voce. Ella si innamora di Narciso, il quale, a causa dell’impossibilità di Eco di comunicare, respinge la giovane. Eco così muore consumata dal suo stesso amore fino a ridursi in una voce senza corpo. Lo stesso Narciso si innamora della sua immagine riflessa in una fonte e incapace di allontanarsi dalla sorgente muore e il suo corpo si trasforma in un fiore.

giovedì 19 marzo 2020

STEP #01 La Morte: definizione ed etimologia

La concezione della Morte è intrinsecamente legata alla storia dell’umanità. Biologicamente con essa si fa coincidere il momento in cui avviene la cessazione delle funzioni vitali nell’uomo, in un animale o in un qualsiasi altro organismo vivente. La morte civile, invece, è l’estinzione totale e irreversibile della capacità giuridica di un soggetto. Scientificamente e giuridicamente è semplice dare una definizione schietta di morte, invece, filosoficamente è molto complesso. Per esempio, per la religione cristiana essa viene vista come passaggio necessario per la resurrezione, per l’Induismo, invece, è fondamentale per la reincarnazione. Nella riflessione socratico-platonica la morte acquista un valore positivo in quanto essa viene vista come strumento di liberazione dell’anima dell’uomo dal carcere del corpo. Successivamente, nella filosofia romana, un’attenzione particolare venne rivolta dallo stoico Seneca a questa delicata discussione, il quale affermava “cotidie mori”, ovvero che ogni giorno moriamo. Avviene, quindi, una identificazione tra il tempo passato e la morte stessa, che diviene compagna inesorabile dell’uomo. Da stoico qual era, Seneca credeva, per giunta, che la morte fosse la soluzione a tutti i dolori. Tra i filosofi moderni si sono espressi sul concetto di quest’ultima Feuerbach e Heidegger: per il primo, << la morte è morte solo per coloro che vivono, non per coloro che muoiono>>, ad indicare che essa è percepita solo da chi la attende; per il secondo, la morte è il principio fondante della vita dell’uomo, la quale si riduce ad un “esserci” per la morte.

“La morte non è una luce che si spegne”
(Rabindranath Tagore)
La morte non è
una luce che si spegne.
È mettere fuori la lampada
perché è arrivata l’alba.





Il termine, che oggi noi utilizziamo per definire un concetto filosofico così dibattuto da molti filosofi e letterati, deriva dal termine latino mors (morte) e dal verbo mori (morire). Nello zendo, la lingua dei testi sacri zoroastriani, morte si dice mara da cui l'italiano marasma (stato estremo di consunzione). Anche il greco antico ha importato questa radice mar- da cui proviene il verbo μαραίνω (maraino) che significa consumare, distruggere. 



(Fonte: https://www.etimoitaliano.it/2014/01/etimologia-della-parola-morte.html)




STEP #25 Dialogo

La giovane Alex, protagonista della serie “ Appuntamento conla morte ”, a seguito dell’improvvisa scomparsa dell’amica Phoebe, si ritrova ad...