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domenica 22 marzo 2020

STEP #02 Mara

In origine, i primi gruppi organizzati di uomini hanno iniziato a figurare la morte come spiegazione alla presenza nei loro sogni di defunti e spesso veniva visto come un evento traumatico dell’intero gruppo, come hanno sostenuto molti antropologi. Quindi, la morte è ritenuta un fenomeno estraneo all'originaria natura dell'uomo e sono numerosissimi i miti che spiegano in qual modo essa abbia interrotto e mutato una condizione primordiale di pienezza vitale. Principalmente questo mutamento dipende dal peccato o dalla violazione di un tabù posto all'origine, mentre più raramente in alcuni miti si introduce la morte nel mondo indipendentemente dalla volontà, o dalla responsabilità, degli uomini. Come riportato nel post dedicato all'etimologia del termine, la parola “morte” deriva la propria radice dalla parola “mara” dallo zendo, che fa riferimento in particolar modo alla consunzione.
Nell’ottica dell’antica concezione della morte e dell’etimologia della parola stessa, ho immaginato una storia in cui si racconta la nascita del termine “morte”.
Amaranto


“In un tempo antico, una comunità di uomini viveva in perfetta armonia con la natura. Questa situazione di beatitudine fu concessa dalla Dea Madre alla tribù, purchè gli uomini si occupassero di alcuni fiori sacri. Per la buona condotta dell’umanità, la Dea garantiva ai componenti di questa piccola società la vita eterna da così tanto tempo che ormai la morte era considerata una leggenda. Mara era una giovane fanciulla della tribù che si occupava della cura delle coltivazioni e, in particolare, dei fiori. Spesso si chiedeva cosa fosse il “fine vita”, quella fase del ciclo vitale dei suoi antenati e che lei non avrebbe mai conosciuto se non fosse stato per uno sciagurato evento. Phos, avverso al culto della Dea e credente di una vita migliore dell’uomo senza di essa, decise di distruggere l’intera piantagione traendo in inganno Mara. Phos convinse Mara a posizionare degli specchi vicino ai fiori per farli crescere meglio. Essi, invece, presero fuoco a causa dei raggi solari. Da quel momento la Dea Madre punì la comunità con una grave carestia e Phos fu condannato per questo ad una vita in solitudine. Durante la grave crisi, Mara, buona d’animo e presa dai sensi di colpa per le proprie azioni, donava le sue razioni di cibo ai suoi simili. Un giorno, l’emaciata e stanca Mara esalò l’ultimo respiro. Questo traumatico evento sconvolse l’intera tribù, finchè una sera Mara comparve in sogno a tutti gli uomini, donne e bambini annunciando che la carestia era ormai terminata. Mara disse che la Dea Madre, non solo aveva concesso agli uomini una vita lunga, seppur limitata, ma aveva anche permesso a Mara di curare essi alla fine della vita. Da quel momento sia i fiori un tempo dedicati alla Dea sia il “fine vita” vennero intitolati a Mara. In particolare i fiori presero il nome di Amaranto.
Nel corso della storia il nome “Mara” ha subito varie mutazioni fino a giungere all’odierno termine di “Morte”. "




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