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martedì 12 maggio 2020

Dialogo di Federico Ruysch e delle sue mummie

Prima tomografia computerizzata su una mummia rara
Mummia risalente all'Antico Regno (2500 a.C. circa) custodita nel Museo di Antropologia ed Etnografia dell’Università di Torino.


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Il “Dialogo di Federico Ruysch e delle sue mummie” è uno dei testi appartenenti alle “Operette morali” di Giacomo Leopardi. Il testo si apre con il “Coro dei morti”, una solenne canzone nella quale si descrive la naturalità della morte dal punto di vista dei morti stessi. Di fatti a parlare sono delle mummie che dicono di essere lontane dalla vita, proprio come i vivi lo sono dalla morte. Non c’è rimpianto nel loro canto poiché la vita, ormai, è per loro solo un lontano ricordo. Nel fantasioso testo di Leopardi, le mummie sono del dottor Ruysch, famoso botanico e anatomista olandese. Il dottor Ruysch, un po’ impaurito dalla resurrezione dei cadaveri, intraprende un dialogo ironico e inaspettato con quest’ultimi. Le domande dello scienziato trattano i grandi interrogativi sulla morte, infatti Federico chiede alle mummie se esse abbiano sofferto nel momento in cui essa è sopraggiunta e, incredibilmente, esse rispondono che non hanno sentito nulla.
Di seguito, l’anatomista pone una domanda cruciale: ““Dunque che cosa è la morte, se non è dolore?”
Uno dei cadaveri risponde:” Piuttosto piacere che altro. Sappi che il morire, come l'addormentarsi, non si fa in un solo istante, ma per gradi. Vero è che questi gradi sono più o meno, e maggiori o minori, secondo la varietà delle cause e dei generi della morte. Nell'ultimo di tali istanti la morte non reca né dolore né piacere alcuno, come né anche il sonno. Negli altri precedenti non può generare dolore perché il dolore è cosa viva, e i sensi dell'uomo in quel tempo, cioè cominciata che è la morte, sono moribondi, che è quanto dire estremamente attenuati di forze. Può bene esser causa di piacere: perché il piacere non sempre è cosa viva; anzi forse la maggior parte dei diletti umani consistono in qualche sorta di languidezza. Di modo che i sensi dell'uomo sono capaci di piacere anche presso all'estinguersi; atteso che spessissime volte la stessa languidezza e piacere; massime quando vi libera da patimento; poiché ben sai che la cessazione di qualunque dolore o disagio, e piacere per se medesima.”
Così emerge il pensiero di Leopardi sulla morte: essa rappresenta un evento positivo perché ci impedisce di provare dolore. L’indebolimento delle nostre facoltà vitali ci permette di godere gli ultimi nostri istanti, in un torpore che rappresenta perfettamente quello descritto nella teoria del piacere di Leopardi stesso.

Il testo integrale del dialogo è riportato al seguente link: http://www.leopardi.it/operette_morali14.php




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