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sabato 30 maggio 2020

STEP #21 Eutanasia

Dj Fabo e Marco Cappato
Il termine “eutanasia” deriva dal greco ‘εὐθανασία’, composta da ‘εὔ-‘, bene e ‘θάνατος’, morte, quindi significa letteralmente “buona morte”. L’eutanasia è oggi molto spesso associata al suicidio assistito, ovvero ad una morte provocata tramite la somministrazione di farmaci. La differenza sostanziale è che il suicidio assistito prevede che la somministrazione del farmaco avvenga per mano del paziente, mentre nel caso di eutanasia, sia attiva sia passiva, partecipa attivamente il medico. Entrambe queste pratiche sono illegali in Italia e, per questo motivo, sono soggetto continuo di accesi dibattiti che sono incentrati sulla loro eticità. Solitamente il suicidio assistito viene richiesto da pazienti che sono affetti da malattie gravi che decidono di non voler più soffrire. Veronesi ha parlato di una “libertà di morire con dignità”, affermando che con il progresso tecnologico sono state allungate artificialmente le fasi terminali di un paziente, costretto a sopportare sofferenze evitabili. In sintesi, Veronesi si è opposto fortemente all’accanimento terapeutico, che toglie anche l’opportunità ad un malato di morire serenamente circondato dai propri affetti. Tra coloro che sono a favore dell’eutanasia e del suicidio assistito ritroviamo Marco Cappato. Egli ha volontariamente accompagnato Dj Fabo, tetraplegico e cieco a causa di un incidente, in una clinica svizzera in cui si attua il suicidio assistito. Il giorno dopo Marco Cappato si è autodenunciato sperando di accendere una luce su questo tema non poco delicato. Sul caso di Dj Fabo è intervenuta la Corte Costituzionale che ha sancito non punibile chi, in determinate condizioni, <<agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli.>> (Fonte)
Quanto dichiarato a seguito del processo è stato guardato con preoccupazione dalla Conferenza eiscopale italiana, che ancora oggi influenza le scelte della politica. La Cei ha dichiarato che: «Si può e si deve respingere la tentazione, indotta anche da mutamenti legislativi, di usare la medicina per assecondare una possibile volontà di morte del malato, fornendo assistenza al suicidio o causandone direttamente la morte con l’eutanasia». Secondo molti esponenti cattolici <<la scelta dell’annientamento del sé, infatti, non è espressione di libertà, ma il suo opposto. La libertà, infatti, si esprime solo attraverso la vita.>> (Fonte
Chi si oppone all’eutanasia e al suicidio assistito afferma che una loro legalizzazione causerebbe un aumento spropositato di richieste di morte volontaria, deformando nella mentalità collettiva l’idea della vita stessa.
Indipendentemente dall’eticità di questa pratica, molti malati, che soffrono a causa di mali non curabili, sono costretti a ricorrere all’aiuto di cliniche all’estero, anche con onerosi costi. Quindi, si auspica che questo dibattito venga preso con serietà e avvenga una legalizzazione di queste pratiche con la dovuta regolamentazione, rispettando il diritto di autodeterminazione di ogni singolo individuo.


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