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sabato 25 aprile 2020

STEP #11 Il Covid-19 e la morte in solitudine


L’Italia e il Mondo intero si trovano oggi ad affrontare una grande emergenza sanitaria dovuta ad un nuovo ceppo di Coronavirus denominato SARS-CoV-2 (precedentemente 2019-nCoV). Il virus provoca la malattia denominata Covid-19 che genera nell’uomo febbre, stanchezza, tosse secca e, nei casi più gravi polmonite, sindrome respiratoria acuta grave, insufficienza renale e persino la morte. Per maggiori informazioni riguardo al virus è possibile consultare il sito del Ministero della Salute.
I deceduti ad oggi, 25 Aprile 2020, sono 26.384 e tutti loro sono inevitabilmente accomunati da un triste elemento: la morte in isolamento. A causa della malattia è obbligatorio il distanziamento immediato dai proprio cari e, una volta ricoverati in ospedale, si entra solo in contatto con medici, costretti per sicurezza ad un abbigliamento alienante e asettico. La drammaticità di questo evento è duplice: gli ammalati non possono essere confortati al momento della morte e i familiari non possono celebrare il rito funebre. La morte è divenuta in questo modo un evento ancor più traumatico per l’uomo, facendo emergere l’antica paura della morte in solitudine. La solitudine è anche di chi è ancora vivo che si trova sospeso in momento in cui è difficile elaborare il lutto con questa morte spersonalizzante.
Il Coronavirus ha costretto l’uomo del Primo mondo a fronteggiare inevitabilmente il tema della morte, che sembrava esser stato quasi rimosso dal dibattito pubblico. 

Nel seguente articolo la psicologa Bommassar parla proprio di come queste morti improvvise hanno stravolto la psiche umana.
"Il fatto di non poter essere presenti nel momento della morte - aggiunge - è una sofferenza aggiuntiva. Il saperli da soli, il sapere che in quel momento la tua mancanza viene sentita in modo particolare è un ulteriore motivo di sofferenza".
Come ci spiega la dottoressa, spesso in questi casi scatta un meccanismo (paradossale) di auto-colpevolizzazione. Non potendo garantire la propria presenza, ci si sente (a torto) in colpa. "Sono meccanismi ingiustificati, che non hanno una logica - spiega Bommassar -. Se le condizioni ti impediscono di essere presente in un momento che sai può essere la fine, ti viene tolta la possibilità della "riparazione".


Fossa comune nel Bronx, New York.

Un altro interessante articolo che tratta di questo delicato argomento è quello di Davide Sisto.
"Mancano le carezze, gli sguardi, le parole di sostegno dei propri cari i quali, a loro volta, vivono la contemporanea frustrazione di non poter più vedere e toccare i corpi delle persone amate. Non è concessa, soprattutto, la possibilità di risolvere le diatribe e le incomprensioni rimaste aperte, anche solo simbolicamente con un gesto fisico. Il Covid-19, al pari degli incidenti aerei e degli annegamenti in mare, sembra essere un infido alleato del rimpianto in quanto ci priva all’improvviso dei corpi. Lascia le vicende personali sospese nel nulla, non manifestando pietà nemmeno nell’immediato post-mortem: vietate le celebrazioni dei funerali, sono all’ordine del giorno le situazioni che vive Bergamo, città da cui vengono trasportati i cadaveri – tramite i mezzi militari – verso altre regioni italiane a causa delle carenze dei forni crematori locali."

Salme trasportate da camion militari. Bergamo.


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